Er canto de li ruderi

O ruderi impastati d’infinito
dall’arte illuminata d’un mortale
stanotte vojo annammene smarito
in mezzo a voi tra l’erba e le cicale.
Quante parole e storie ate assorbito
n’avete visti d’occhi gronnà sale
che dopo secoli v’avrà sfinito
st’umanità diversa e sempre uguale
st’umanità de cui voi sete stati
e sete li cantori più sinceri
e spesso e volentieri inascortati.
Ma qui stanotte ce sò io sortanto:
me siedo, affido ar buio li pensieri
e come Ulisse piango ar vostro canto.

Marcello Nardo

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