Poesia metasemantica

Dalla Premessa delle Gnòsi delle Fànfole di Fosco Maraini
Per millenni il procedimento principe seguito nella formazione e nell’arricchimento del patrimonio linguistico è stato questo: dinanzi a cose, eventi, emozioni, pensieri nuovi, o ritenuti tali, trovare suoni che dessero loro foneticamente corpo e vita, che li rendessero moneta del discorso. A tale intento, in genere, servivano suoni che già venivano impiegati per significati consimili. Inventi per esempio il cannocchiale e sommi canna con occhiale, vuoi esprimere il concetto di non-iniziato, ignorante, prendi pro (davanti, fuori) e fanum (tempio) producendo profano (“colui ch’è fuori dalle sacre cose”), talvolta serve il nome d’una persona (siluetta, besciamella), tal altra il nome d’un luogo (pistola, baionetta); una particolare febbre se viene dall’oriente si chiama asiatica, se dall’occidente spagnola, e via dicendo. L’intera scienza etimologica è lì a nostra disposizione per tali istruttive ricerche.[…]
Nella poesia, o meglio nel linguaggio metasemantico, avviene proprio il contrario. Proponi dei suoni e attendi che il tuo patrimonio d’esperienze interiori, magari il tuo subconscio, dia loro significati, valori emotivi, profondità e bellezze. È dunque la parola come musica e come scintilla.[…]
Nel linguaggio metasemantico […] le parole non infilano le cose come frecce, ma le sfiorano come piume, o colpi di brezza, o raggi di sole, dando luogo a molteplici diffrazioni, a richiami armonici, a cromatismi polivalenti, a fenomeni di fecondazione secondaria, a improvvise moltiplicazioni catalitiche nei duomi del pensiero, dei moti più segreti. […]
Potrei anche aggiungere che la poesia metasemantica è fortemente bipolare. Tutta la poesia, si capisce! è bipolare. Hai un testo ed hai un lettore; dalla crasi dei due sprizzano, oppure no, delle scintille. […]
Nella poesia metasemantica il lettore deve contribuire con un massiccio intervento personale. La crasi non è data dall’incontro con un oggetto, bensì, piuttosto, dal tuffo in un evento. Il lettore non diviene solo azionista del poetificio, ma entra subito a far parte del consiglio di gestione e deve lui, anche, provvedere alla produzione del brivido lirico. L’autore più che scrivere, propone. Se è riuscito nel suo intento, può dire d’aver offerto un trampolino, nulla più.[…]
Infine una cosa: la poesia metasemantica va piuttosto recitata o letta ad alta voce, che scorsa cogli occhi in silenzio, come si fa normalmente con i versi tradizionali. È legata al suono; al corpo, alla fisiologia, alle passioni della parola. Per questo, anche, va letta con una certa lentezza; correndo si riduce ad un bantù, un tocarico, un burusciaschi in­sensato. Bello sarebbe cantarla!
Confesserò inoltre, ciò che farà certo ridere, o peggio sorridere, i benpensanti, che quasi ogni parola è frutto d’un lungo studio. Certe espressioni proprio non mi venivano per mesi, sapevo quello che cercavo, ma il sassolino giusto la marea non me lo gettava mai sulla spiaggia. Poi un certo giorno, magari facendomi la barba, cambiando una gomma della macchina, studiando gli ideogrammi cinesi o seduto nella neve al sole, eccoti il sassolino cercato.
Adesso mi resta solo da sperare di non aver scritto in una lingua privata e segreta, come dire per me solo; ciò che proprio mi dispiacerebbe.

Fosco Maraini

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