Commento alla Poesia “Naufrago”

Leone Antenone in questo suo “Naufrago” (un rondò “a palloncino”, che è peraltro una forma poetica di sua felice invenzione) assume movenze molto vicine all’atteggiamento neodialettale, non solo per la centralità tematica dell’Io, ma anche per l’originale, insolita, inedita giustapposizione di vocaboli corposi, in qualche misura espressionistici (…”Me ‘ntruppa er Disincanto, botte e scrocchi”…”relitto”… “scialuppa”… “blocchi”… “impugno”… “isso”… “a bordo porto solo sogni a fiocchi / e matasse de fantasia infinita”… “balocchi”… “occhi”… “scarabocchi”). La poesia sviluppa in forma di “transumptio” o metafora continuata il topos della vita come “navicula” (piccola nave) di matrice scritturale (biblica) e da lì passata a tutta la nostra letteratura fino nel midollo del nostro immaginario collettivo, anche in tempi moderni in cui la metafora del viaggio o transito potrebbe forse essere meglio resa da mezzi di trasporto più aggiornati che non siano la nave di epoche antiche. Il naufrago della poesia è il poeta medesimo che sotto l’urto del disincanto si lascia alle spalle l’ossimoro di un relitto dolceamaro, liberando dalle pastoie dei condizionamenti, dei retaggi, una piccola scialuppa di salvataggio per allontanare da sé (e per allontanarsi da) cose poco chiare, rese evidenti nella loro opacità dalla stessa fortunosa tempesta del disincanto che lo investe, non già per travolgerlo allo sprofondo, bensì per sospingerlo su una nuova rotta, di cui egli non è più testimone passivo, ma conscio e intrepido timoniere che ritrova sul nuovo itinerario il vento favorevole della fantasia, del sogno, della affabulazione issata niente di meno che sull’albero maestro della vita, su una barchetta carica di giochi, di balocchi che la rendono leggera e, proprio in virtù di questo, agile e snella, atta al salvataggio. Ma su tutto agisce infine, coerentemente col disincanto incipitario (e quindi ancora circolarmente) la spregiudicata autoironia dell’autore stesso che ridimensiona l’intero suo viaggio poetico, riportandolo nei ranghi del semplice scarabocchio… Ma scarabocchio non è! La poesia a palloncino di Leone è una costruzione sapiente: consta di tre quartine di endecasillabi a schema rimico abab, bcbc, caca, sigillate circolarmente da un distico in rima baciata che riprende l’ultima e, al contempo, prima rima del componimento… Al poeta vanno i miei migliori auguri, nella speranza/certezza che ci regali nuove analoghe e sempre più valide prove della sua arte.

Claudio Porena
Glottologo

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